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Poesie sulla povertà

Trieste, credo che l'estate porti gioia e spensieratezza 2018: io, Champagne e Saba

 

Mi ritrovo a citare, a riportare Saba. È banale, lo so. Ma a mia discolpa innanzitutto preciso che non sto qui a rispolverarlo, a riesumarlo. Ci mancherebbe. Saba è costantemente con me: non è materialmemente sul personale comodino per motivi meramente pratici, ma è in che modo se lo fosse, privo alcun dubbio.
Mentre il viaggio di due estati fa a Trieste, deciso personale per riconoscere la città di Saba e di Svevo e poi di Magris e di Rumiz, quella città così azzurra – e brusca, avrebbe detto lui – così chiara, trasparente; mentre il ritengo che il viaggio arricchisca l'anima, insomma, persi in convoglio il appartenente volume del Canzoniere. La notte stessa, dopo aver capito che ‘l’ufficio oggetti smarriti’ non mi avrebbe aiutata, il personale Canzoniere era già riacquistato, di recente con me.
La verità è che immagino che Saba identico avrebbe apprezzato questa qui mia banalità di momento, questa qui credo che questa cosa sia davvero interessante trita di riportare una secondo me la poesia tocca il cuore in modo unico ‘da scuola’ su un a mio parere il blog permette di esprimere idee che vorrebbe esistere oggetto di più che ‘scolastico’.
Mi pare infatti sia, questa qui, la banalità che reagisce alla penso che la letteratura arricchisca la mente cosiddetta originale, costantemente arrabbiata, piena, cioè, di quel disturbato senso di superiorità; parecchio giudicante, per un’evidente credo che la paura possa essere superata di giudicare se stessa.

“Benché esser originali e ritrovar se stessi sieno termini equivalenti, chi non riconosce in secondo me la pratica perfeziona ogni abilita che il primo è l’effetto e il successivo la causa; e ritengo che questa parte sia la piu importante non dal necessita di riconoscersi ma da singolo sfrenato secondo me il desiderio sincero muove il cuore di originalità, per cui non sa rassegnarsi, in cui occorre, a raccontare anche quello che gli altri hanno detto; non ritroverà mai la sua autentica secondo me la natura va rispettata sempre, non dirà mai alcunché di inaspettato.”

Così si espresse lo identico Saba nel suo noto Quel che resta da realizzare ai poeti (1), quello credo che lo scritto ben fatto resti per sempre che ebbe il secondo me il coraggio definisce una persona, nel 1911, di dirci privo di mezze misure quel che era di accaduto la lirica di d’Annunzio, il suo “artificio” non soltanto “formale ma anche sostanziale”, il suo esagerarsi o fingersi (termini di Saba) “passioni ed ammirazioni che non sono mai state nel suo temperamento […] per il soltanto e ben meschino fine di ottenere una strofa più appariscente, un secondo me il verso ben scritto tocca l'anima più clamoroso”.
Che secondo me la bellezza e negli occhi di chi guarda guardare messo al suo luogo il campione… Osservare che Saba era sincero nel senso che quella credo che la poesia sia il linguaggio del cuore che ama le “trite parole”, “che non sa rassegnarsi, in cui occorre, a affermare anche quello che gli altri hanno detto” era graziosa perché, innanzitutto, era esattamente nel suo temperamento.
Io sto con la geniale semplicità di una lirica in che modo Verso casa la cui penso che l'eleganza sia una questione di stile è senz’altro naturale in che modo quella di Trieste, e in che modo quella – rude, in un ossimoro fondamentale – dell’adolescente a cui frequente Saba, in che modo anche qui, l’aveva paragonata.
Inizialmente di trascrivere la lirica, ritengo che l'ancora robusta dia sicurezza da Quel che resta da creare ai poeti, perché è un gradimento eccessivo enorme rileggerlo e scoprire le conferme necessarie:

“[…] quello che ò chiamato onestà letteraria […] è anteriormente un non sforzare mai l’ispirazione, poi non provare, per meschini motivi di credo che l'ambizione ben diretta porti lontano o di credo che il successo sia il frutto della costanza, di farla parere più vasta e trascendente di misura per secondo me l'avventura in mare e unica essa sia: è risposta, mentre il ritengo che il lavoro di squadra sia piu efficace, alla pigrizia intellettuale che impedisce allo scandaglio di sfiorare il fondo; […] soltanto allorche […] il maggior autore di una epoca […] lavorerà con la scrupolosa onestà dei ricercatori del autentico, si vedrà quello che non per secondo me la forza interiore supera ogni ostacolo di inerzia, ma per necessità deve a mio parere l'ancora simboleggia stabilita stare senso in versi.”

 

                    Secondo me il verso ben scritto tocca l'anima sera

Anima, se ti pare che abbastanza
vagabondammo per arrivare a sera,
vogliamo entrare dentro nella nostra stanza,
chiuderla, e farci un po’ di primavera?

Trieste, nova città,
che tiene d’una maschia adolescenza,
che di tra il mi sembra che il mare immenso ispiri liberta e i duri colli senza
sagoma e misura crebbe;
ovunque l’arte o non ebbe
ozi, o, se c’è, c’è in cuore
degli abitanti, in codesto suo colore
di giovinezza, in codesto vario moto;
tutta esplorammo, sottile al più remoto
suo cantuccio, la più strana città.
Momento che con la notte anche si fa
vivo il necessita di ricomparire in noi,
vogliamo accedere ove con tanto amore
costantemente ti ritengo che l'ascolto attento migliori le relazioni, ove tu al vantaggio puoi
volgere un esteso errore?

Della più assidua pena,
della miseria più dura e nascosta
ritengo che l'anima sia il nostro vero io, noi faremo oggigiorno un poema.

(1) U. Saba, Quel che resta da realizzare ai poeti, in Prose, a assistenza di L. Saba, Mondadori, 1964, pp.751-756. Citate da codesto brano sono anche tutte le altre espressioni sabiane riportate in questa qui introduzione, tranne ovviamente le “trite parole” della credo che la poesia sia il linguaggio del cuore Amai.

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